Lo scorso luglio, uno studio ha mostrato che un programma di vaccinazione a due dosi ha ridotto il rischio di infezione contro la variante Delta dell’80% (94% per Pfizer e 74% per AstraZeneca).
Un dato notoriamente rivisto al ribasso dalla nuova indagine di monitoraggio REACT-1, realizzata dall’Imperial College di Londra. Effettuato nel periodo dal 24 giugno al 12 luglio nel Regno Unito con 100.000 persone, quest’ultimo indica una prevalenza dell’1,21% nelle persone non vaccinate, contro lo 0,40% nelle persone vaccinate con due dosi di vaccino.

Dopo una rivisitazione per i vari fattori (età, comorbilità, ecc.), l’efficacia è quindi stimata al 49%. Una soglia inferiore a quella considerata accettabile dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il 44% delle nuove infezioni si è verificato nelle persone vaccinate, afferma l’epidemiologo Paul Elliot, che dirige questo sondaggio, una cifra che dovrebbe aumentare naturalmente man mano che vengono vaccinate più persone.
“La variante Delta è nota per essere altamente infettiva e quindi possiamo vedere che provoca infezioni insolitamente elevate nelle persone completamente vaccinate“, afferma Steven Riley, specialista in malattie infettive presso l’Imperial College di Londra.
Altro dato preoccupante: mentre abbiamo osservato fino ad ora una decorrelazione tra contaminazioni e ricoveri (in altre parole, i ricoveri non sono aumentati proporzionalmente ai nuovi casi), “assistiamo a una convergenza delle curve da aprile, anche se ‘si traduce in una minore mortalità”, avvisano i ricercatori, che vedono chiaramente l’influenza della variante Delta che ha sostituito la variante Alpha.
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