Aborti volontari, in Italia ce ne sono sempre meno

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L’aborto volontario è l’interruzione del periodo di gestazione, decisa direttamente dalla donna, che per diversi motivi può desiderare di non proseguire con la sua gravidanza. L’interruzione volontaria di gravidanza, detta anche IVG, consiste nella rimozione dell’embrione o del feto, e in Italia si può eseguire entro i primi 90 giorni della gravidanza stessa, una volta accertata da un medico.

Ci sono diversi tipi di interruzione della gravidanza, sempre che ovviamente non si tratti di aborto spontaneo, che è un caso del tutto diverso e ha origini solo fisiologiche. Esiste infatti l’aborto chirurgico, che prevede un intervento in ospedale, e l’aborto farmacologico, che fa uso della famosa RU486, una pillola abortiva da non confondere con la pillola del giorno dopo. La scelta tra i tipi di aborto è spesso indicata dallo stato di avanzamento della gestazione: la pillola abortiva è infatti indicata nelle gravidanze alle prime settimane, mentre quando la gravidanza è più avanzata si ricorre all’aborto chirurgico.

La legge italiana che regola l’accesso all’aborto è la Legge 22 maggio 1978, n. 194, approvata dal parlamento dopo vari anni di mobilitazione per la decriminalizzazione e regolamentazione dell’interruzione volontaria di gravidanza da parte del Partito Radicale e del Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto (CISA), che nel 1976 avevano raccolto oltre 700.000 firme per un referendum per l’abrogazione degli articoli del codice penale riguardanti i reati d’aborto su donna consenziente, di istigazione all’aborto, di atti abortivi su donna ritenuta incinta, di sterilizzazione, di incitamento a pratiche contro la procreazione, di contagio da sifilide o da blenorragia.

La legge 194 consente alla donna, nei casi previsti, di poter ricorrere alla IVG in una struttura pubblica nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrere alla IVG solo per motivi di natura terapeutica. La legge 194 istituisce inoltre i consultori come istituzione per l’informazione delle donne sui diritti e servizi a loro dovuti, consigliare gli enti locali, e contribuire al superamento delle cause dell’interruzione della gravidanza.

Una conquista per le donne, che però, almeno qui in Italia, vi ricorrono progressivamente meno, grazie anche alla contraccezione di emergenza ed un’attenzione sempre maggiore ai rischi che si corrono nell’avere rapporti non protetti.

Aborti volontari, in Italia ce ne sono sempre meno

Aborti volontari in Italia ce ne sono sempre meno

Nello specifico, in Italia è in diminuzione il numero delle interruzioni di gravidanza volontarie: per la prima volta il valore, secondo quanto diffuso dal Ministero della Salute, è sceso al di sotto dei 60.000 per le cittadine italiane.

L’andamento in calo segue la tendenza degli ultimi tre anni, anche se è di entità minore rispetto al 2014 e in particolare al 2015. Il dato fornito dalla Relazione riguarda il 2016 ma la rilevazione è proseguita fino a ottobre 2017 per completezza dei dati.

Tra le minorenni italiane, il tasso di abortività per il 2016 è stato pari a 3,1 per mille. Valore identico a quello del 2015, ma in calo rispetto agli anni precedenti, con livelli più elevati nell’Italia centrale.

L’Italia, di conseguenza, è anche uno dei Paesi dell’Unione Europea con il più basso livello di abortività volontaria. I dati riportati dalle Nazioni Unite mostrano che livelli inferiori a quelli dell’Italia si registrano solo in Austria (il cui dato però risulta fermo al 2000), Germania e Grecia. I valori più̀ elevati si riferiscono a quasi tutti i Paesi dell’Est Europa, con l’eccezione della Svezia.

Le interruzioni vengono effettuate nel 60,4% delle strutture nazionali disponibili con una copertura adeguata, tranne che in Campania e nella provincia di Bolzano. In generale sono in diminuzione i tempi di attesa, pur persistendo variabilità fra le Regioni.

Alla diminuzione degli aborti fa da contraltare l’utilizzo della “pillola dei cinque giorni dopo” (a base di ulipristal acetato), complice la decisione dell’Aifa dello scorso anno di eliminare l’obbligo della ricetta medica per le maggiorenni.

Al contrario, tra le 15-16enni del nostro Paese risulta una minore diffusione della contraccezione ormonale rispetto ad altri Paesi europei, dove si fa un uso nettamente maggiore della pillola. La bassa percentuale tra le giovani italiane sia di gravidanze sia di interruzioni volontarie rispetto ai Paesi dell’Europa settentrionale viene spiegata con il fatto che restano più a lungo in famiglia.

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