Attacco cardiaco, nuove speranze di cura dalla scoperta del gene “c-kit”

VEB

L’attacco cardiaco è un processo di necrosi (morte dei tessuti) di una determinata zona del cuore, conseguente alla formazione di un coagulo di sangue (trombo) all’interno di un’arteria coronaria affetta da arteriosclerosi, ossia con pareti ruvide e irregolari.

Il coagulo blocca l’arteria (trombosi) e il sangue non può più passare. Siccome le arterie coronarie portano al cuore (principalmente alla parte muscolare, cioè al miocardio) il nutrimento necessario al suo lavoro, ne deriva che la zona di quest’organo, rimasta priva di sangue per l’occlusione dell’arteria, perda la sua vitalità e degenera, trasformandosi in una cicatrice che renderà il cuore meno valido.

Tra i vari problemi legati all’attacco di cuore rientrano aritmie pericolose per la vita (battito cardiaco irregolare) e l’insufficienza cardiaca, determinata dal fatto che il cuore non riesce a pompare abbastanza sangue in tutto il corpo.

La causa principale dell’attacco cardiaco è un trombo, un coagulo di sangue che chiude un ramo coronarico. Altre cause dell’infarto sono le coronaropatie, caratterizzate dal blocco dei vasi sanguigni dovuto all’accumulo dei depositi di colesterolo, noti come placche. Questi coaguli, bloccando l’afflusso di sangue nell’arteria coronarica, provocano l’attacco di cuore.

Attacco cardiaco nuove speranze di cura dalla scoperta del gene c-kit

Gli infarti rappresentano la principale causa di morte nei Paesi occidentali, ma oggi ci sono approcci terapeutici in grado di salvare vite umane e prevenire le disabilità che ne derivano: il trattamento è più efficace se viene iniziato entro un’ora dall’inizio dei sintomi.

Ed un nuovo trattamento innovativo è stato elaborato in Calabria dal gruppo di ricerca del Prof. Daniele Torella, ordinario di Biotecnologie mediche applicate alla Cardiologia, Responsabile del Laboratorio di Cardiologia Molecolare e Cellulare, nel Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro.

Nello specifico, il team di ricerca ha individuato un gene importante nelle cellule staminali cardiache per rigenerare il cuore leso dopo un attacco cardiaco prevenendo e curando lo scompenso cardiaco: lo c-kit – o recettore delle cellule staminali.

La scoperta, descritta su Nature, la più famosa e prestigiosa rivista scientifica al mondo, “ha dimostrato per la prima volta – è detto in un comunicato – che una ridotta espressione di un gene, c-kit, conosciuto anche come recettore delle cellule staminali, diminuisce il potenziale biologico rigenerativo delle cellule staminali cardiache, riducendo la capacità riparativa del cuore, che dopo un danno inesorabilmente progredisce nello scompenso cardiaco. La cardiopatia ischemica e lo scompenso cardiaco sono la prima cause di morte e di ospedalizzazione nel mondo occidentale. La medicina rigenerativa basata sulla caratterizzazione biologica e sull’utilizzo terapeutico delle cellule staminali ha avuto un impatto enorme nello studio della biologia umana, soprattutto per le sue potenzialità nella cura di diverse forme di malattie cronico-degenerative come lo scompenso cardiaco. La medicina rigenerativa in Cardiologia negli ultimi tempi ha raggiunto tappe importanti dalla scoperta della capacità rigenerativa intrinseca del cuore fino alla prima sperimentazione clinica delle cellule staminali cardiache”.

Al momento, lo studio è stato condotto su modello animale, ma offre grandi speranze per i pazienti infartuati. Lo studio svolto su piccoli animali risolve in maniera definitiva una controversia fondamentale per la comunità scientifica cardiovascolare aprendo le porte a nuovi orizzonti terapeutici per la medicina rigenerativa in Cardiologia.

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