Diabete, a Roma si sperimenta un nuovo trattamento non farmacologico

VEB

Tutti sappiamo, più o meno approfonditamente, cos’è il diabete, ma non tutti sappiamo approcciarci alla sua cura e al conviverci quotidianamente.

Per curare il diabete è ovviamente indispensabile riuscire a riconoscerlo, in modo tale da poter poi rivolgersi ad un medico con il quale si potrà approfondire la diagnosi e ovviamente stabilire la cura.

In generale, l’obiettivo terapeutico è lo stesso per qualsiasi tipo di diabete e consiste nel riportare i livelli troppo elevati di glucosio ematico entro i valori di glicemia considerati normali. Tale obiettivo è più che altro una vera e propria esigenza, dal momento che dall’iperglicemia dipendono non solo i sintomi, ma anche le complicanze acute e a lungo termine del diabete.

I pazienti affetti da diabete di tipo 1 non producono insulina: chi non ha sufficiente insulina nell’organismo deve modificare solo limitatamente la propria dieta e assumere l’insulina che può essere somministrata solo tramite iniezione. Le iniezioni devono essere eseguite diverse volte al giorno.

Chi soffre di diabete di tipo 2, invece, probabilmente non avrà bisogno dell’insulina (almeno inizialmente), perché di solito riuscirà a tenere sotto controllo la malattia mettendosi a dieta o facendo esercizio fisico. In alcuni casi potrà essere utile assumere farmaci per uso orale, mentre per alcuni pazienti affetti da diabete di tipo 2 in stadio avanzato diventerà necessaria anche l’insulina.

Diabete nuovo trattamento non farmacologico

Ma c’è una speranza in più per i diabetici, e viene ancora una volta da una sperimentazione italiana.

È in corso presso la Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma la sperimentazione clinica di fase II su pazienti diabetici per testare una nuova promettente cura non-farmacologica: si tratta di usare il calore per rigenerare una mucosa intestinale “sana” agendo su una parte dell’intestino, il duodeno, sede di rilascio di ormoni coinvolti nelle cause della malattia diabetica.

La tecnica, effettuata in endoscopia mininvasiva sotto sedazione con un’apparecchiatura e un catetere che permettono di applicare con la massima precisione il calore alla mucosa del duodeno per brevissimo tempo, è stata già testata su numerosi pazienti in un primo ciclo sperimentale, dimostrandosi assolutamente sicura e potenzialmente efficace.

Una simile strategia terapeutica consentirebbe la regressione definitiva della malattia e diventerebbe una soluzione, specie per quei pazienti che non sanno controllare la malattia.

Il professor Guido Costamagna, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Endoscopia Digestiva Chirurgica del Gemelli e direttore dell’Istituto di Clinica chirurgica generale e Terapia Chirurgica all’Università Cattolica, sede di Roma, leader riconosciuto a livello mondiale in endoscopia terapeutica, rassicura: “I nuovi test clinici chiamati Revita 2, in corso (al momento sono stati arruolati 11 pazienti), serviranno a convalidarne l’efficacia anti-diabete dell’innovativo trattamento“.

Ci auguriamo risultati definitivi degli studi attualmente in corso entro un paio di anni”, spiega la prof.ssa Geltrude Mingrone, Direttore dell’Unità Operativa Complessa Patologie dell’obesità del Gemelli e docente di Medicina  interna e geriatria all’Università Cattolica.

L’arruolamento – per l’Italia sono coinvolti due centri, il Gemelli e l’Humanitas di Rozzano – è iniziato il 19 maggio ed è prevista la conclusione nell’autunno 2018.

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