Interstizio, nel corpo umano c’è un organo in più

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Fin dalle scuole elementari ci hanno insegnato che il nostro corpo è formato da un numero ben preciso di organi, ognuno preposto ad una sua funzione ed indispensabile per il buon funzionamento dell’intero organismo.

Più nello specifico, gli organi sono insiemi di cellule con una funzione specifica, che risiedono in cavità all’interno del corpo come l’addome e la pleura. Rappresentano parti spazialmente definite nel corpo, formano delle unità di lavoro specializzate e presentano rapporti, struttura e funzioni caratteristiche.

L’organo fa parte, ed opera, in un sistema o apparato, che riunisce organi differenti e che permette lo svolgersi in maniera coordinata del complesso di funzioni di più organi a seconda che abbiano o meno la stessa derivazione embriologica.

Dal punto di vista strutturale, gli organi si distinguono in organi cavi e organi pieni. I primi sono costituiti da pareti che racchiudono un lume, idoneo ad accogliere un contenuto, mentre i secondi mancano di una cavità principale, con i tessuti organizzati in strutture compatte e ben resistenti.

L’anatomia, fino ad oggi, si è occupata di analizzare e definire ogni singolo organo, ma a quanto pare ne esiste uno che è stato scoperto solamente ora.

Si trova sotto la pelle, riveste l’intestino, i polmoni, i vasi sanguigni e i muscoli, e forma una rete di compartimenti interconnessi e pieni di liquido, supportati da un reticolo di fibre di collagene ed elastina: l’interstizio (interstitium) è il «nuovo» organo umano identificato dai medici del Mount Sinai Beth Israel Medical Center.

Interstizio, nel corpo umano c’è un organo in più

Interstizio nel corpo umano un organo in piu

I dottori David Carr-Locke e Petros Benias l’hanno scoperto mentre analizzavano il dotto biliare di un paziente, alla ricerca di segni di cancro, come spiega lo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports. Carr – Locke e Benias hanno individuato cavità che non corrispondevano a nessuna parte dell’anatomia umana precedentemente conosciuta e ne hanno parlato a Neil Theise, patologo della New York University.

Gli scienziati sostengono di non essersene accorti sino ad ora per via di come vengono attualmente studiati i tessuti.

Prima di essere posti sotto a un microscopio i campioni vengono tagliati infatti in strisce sottili e trattati con sostanze chimiche che consentono ai ricercatori di identificare in maniera più facile alcuni componenti chiave. Un procedimento utile per cogliere i dettagli, ma che drena i fluidi dall’interno dei campioni.
Privi del loro fluido, questi scomparti collassano, trasformando questa struttura complessa in una “frittella” piatta.

Per individuare queste tasche di fluidi i ricercatori medici hanno invece osservato i tessuti viventi anziché campionare quelli morti. Lo hanno fatto utilizzando una tecnica chiamata  endomicroscopia confocale laser, un metodo che implica l’uso di una piccola sonda che esplora il corpo umano da un punto di vista mircoscopico. Il tessuto è illuminato dai laser dell’endoscopia e i pattern fluorescenti al loro interno vengono analizzati dai sensori.

Gli scienziati hanno quindi notato gli scomparti per la prima volta osservando i condotti biliari ed hanno individuato quelle che potevano sembrare lacerazioni in un tessuto denso.

L’interstizio agisce come “ammortizzatore” e impedisce ai tessuti di lacerarsi durante le attività quotidiane dei singoli organi. Infatti, il “nuovo” organo è importante per la funzionalità di quasi tutti i tessuti e potrebbe avere applicazione anche nella lotta al cancro.

“Questa scoperta – spiega il co-autore Neil Theise, professore nel dipartimento di Patologia della Nyu Langone Health – ha il potenziale di portare a enormi progressi nella medicina, grazie al fatto che l’analisi diretta del liquido interstiziale potrebbe diventare un potente strumento diagnostico”.

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