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Echi di un’Italia Dimenticata: Le Superstizioni Che Ancora Guidano i Nostri Gesti

Angela Gemito Set 23, 2025

Molto prima delle app per il meteo e degli analisti finanziari, c’erano le credenze popolari a governare l’incertezza del quotidiano. Un vasto patrimonio di superstizioni, oggi in gran parte dimenticato, ha plasmato per secoli la vita degli italiani. Eppure, sebbene sbiadite nella memoria collettiva, le loro tracce sono ancora ben presenti nei nostri gesti, nelle frasi fatte e in inspiegabili abitudini che perpetuiamo senza conoscerne l’arcana origine.

L’Italia, terra di profonda cultura e di altrettanto radicate tradizioni, nasconde un sottobosco di credenze che affondano le radici in un passato contadino, pagano e intriso di una “magia” difensiva. Non parliamo del comune “non passare sotto la scala” o del gatto nero, ma di rituali e timori quasi estinti che, come un fiume carsico, riemergono in superficie sotto mentite spoglie.

Mani che compiono un antico gesto scaramantico gettando sale su un tavolo di legno rustico

Il Pane Capovolto e l’Olio Versato: Sacrilegio a Tavola

Una delle sfere più influenzate da queste credenze dimenticate è la tavola. Appoggiare il pane capovolto sulla tovaglia è ancora oggi un gesto che molti evitano istintivamente, quasi un tic nervoso. Pochi ricordano il perché: in epoche passate, il pane era il simbolo del corpo di Cristo e capovolgerlo equivaleva a un’offesa al sacro, un gesto di disprezzo che avrebbe attirato miseria e carestia. Questa credenza era così forte che il “pane del boia”, destinato al carnefice, veniva volutamente servito capovolto dal fornaio come segno di disprezzo.

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Similmente, versare l’olio è ancora oggi considerato un presagio di sventura, un gesto da scongiurare immediatamente gettando un pizzico di sale dietro la spalla sinistra. L’origine di questo timore risiede nel valore economico dell’olio nel mondo antico. Prodotto prezioso e fonte di sostentamento, sprecarlo era un vero e proprio disastro economico per una famiglia, un lusso che nessuno poteva permettersi. Lo spreco diventava così presagio di future difficoltà. Come ha documentato l’antropologo Ernesto de Martino nella sua opera “Sud e Magia”, questi gesti apotropaici non erano semplice ignoranza, ma un modo per “esserci nel mondo” e tentare di dominare un destino avverso.

Dalla Scopa sui Piedi al Letto Rifatto: Regole Domestiche Ancestrali

Le mura domestiche erano il teatro principale di questi rituali. Una credenza quasi del tutto dimenticata, ma la cui eco risuona in qualche modo di dire, è quella legata alla scopa. Passare la scopa sui piedi di una ragazza nubile significava condannarla al nubilato. La spiegazione è duplice: da un lato, una donna che non si scansa prontamente mentre si fanno le pulizie dimostra di non essere una massaia attenta; dall’altro, la scopa era l’attrezzo delle streghe, un simbolo magico che poteva “spazzare via” la fortuna in amore.

Un’altra abitudine che affonda le radici in antiche paure è quella di non mettere mai un cappello sul letto. Questo gesto, oggi considerato da alcuni semplice buona educazione, un tempo era un vero e proprio tabù. Il letto era il luogo della nascita, della malattia e della morte. Quando un medico o un prete faceva visita a un moribondo, spesso appoggiava frettolosamente il proprio cappello sul letto, associando così l’oggetto all’estrema unzione e al lutto.

Influenze Silenziose nella Vita di Tutti i Giorni

Ma come ci influenzano oggi queste credenze dimenticate? L’impatto è più sottile di quanto si pensi. Si manifesta in quelle azioni che compiamo “perché si è sempre fatto così”.

  • Il detto “In bocca al lupo!”: Questa celebre formula augurale è l’evoluzione di un’antica credenza dei cacciatori. L’augurio diretto di “buona fortuna” era considerato un modo per attirare l’invidia degli spiriti e quindi la sfortuna. Augurare invece di finire nelle fauci della preda era un modo scaramantico per ingannare le forze avverse e ottenere l’effetto contrario.
  • Non incrociare le posate sul piatto: Un’usanza di galateo che ha un’origine ben più oscura. Le posate incrociate ricordano la croce e, per estensione, la morte e la sofferenza. Evitare questa disposizione era un modo per allontanare pensieri funesti dalla tavola.
  • Non guardarsi allo specchio di notte: Sebbene oggi liquidata come una suggestione da film horror, questa paura nasce dalla credenza che lo specchio fosse un portale per il mondo degli spiriti. Durante la notte, quando il confine tra i due mondi si assottigliava, guardarsi allo specchio poteva significare vedere apparire entità non desiderate o, peggio, che la propria anima venisse “rubata”.

Queste superstizioni, per quanto possano apparire irrazionali all’uomo moderno, rappresentano un prezioso patrimonio culturale. Ci raccontano di un’Italia che lottava quotidianamente contro la fame, le malattie e l’ignoto, armata solo di gesti, formule e una profonda, umanissima, speranza di poter controllare l’incontrollabile. Conoscerle non significa crederci, ma comprendere uno strato profondo della nostra identità collettiva che, silenziosamente, vive ancora in noi.


Domande Frequenti (FAQ)

Perché così tante superstizioni italiane sono legate al cibo? Molte antiche superstizioni italiane ruotano attorno al cibo perché, in una società prevalentemente agricola e spesso alle prese con la carestia, alimenti come il pane, l’olio e il sale erano incredibilmente preziosi. Sprecarli o maneggiarli in modo irrispettoso era visto come un presagio di future difficoltà economiche e sventura.

Esistono ancora oggi rituali contro il “malocchio”? Sì, specialmente nel Sud Italia, la credenza nel malocchio (o fascinazione) persiste. Sebbene meno diffusi, esistono ancora rituali privati, spesso tramandati in famiglia, che prevedono l’uso di acqua, olio e formule specifiche per diagnosticare e “rimuovere” l’influenza negativa causata dall’invidia altrui.

Qual è l’origine della sfortuna legata al numero 17 in Italia? A differenza del 13, considerato sfortunato nel mondo anglosassone, in Italia il numero sfortunato è il 17. L’origine sembra risalire all’epoca romana. L’anagramma del numero romano XVII è “VIXI”, che in latino significa “ho vissuto”, una formula che si trovava spesso sulle lapidi e che quindi è associata alla morte.

Perché non si regalano fazzoletti secondo la superstizione? Regalare fazzoletti è considerato di cattivo auspicio perché sono associati al pianto e al dolore. La credenza vuole che la persona che li riceve li userà per asciugare le proprie lacrime a causa di un evento triste. Per “annullare” la sfortuna, chi riceve il regalo dovrebbe “pagarlo” con una moneta simbolica.

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Angela Gemito

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Curiosa per natura e appassionata di tutto ciò che è nuovo, Angela Gemito naviga tra le ultime notizie, le tendenze tecnologiche e le curiosità più affascinanti per offrirtele su questo sito. Preparati a scoprire il mondo con occhi nuovi, un articolo alla volta!

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