Tumore alla prostata, ruolo chiave grassi in eccesso

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Il tumore alla prostata è una formazione di tessuto costituito da cellule che crescono in modo incontrollato e anomalo all’interno della ghiandola prostatica ed è diventato il cancro più frequente nella popolazione maschile dei Paesi occidentali.

Esclusi i carcinomi della cute, il tumore della prostata è il più comune anche negli uomini italiani e purtroppo spesso non si manifesta attraverso sintomi precoci, mentre nelle fasi più avanzate possono essere causa di diversi disturbi della minzione.

Il cancro della prostata fortunatamente di norma cresce molto lentamente e la maggior parte degli uomini colpiti, che hanno mediamente più di 65 anni, riusciranno a sopravvivere al tumore.

A volte, tuttavia, il tumore cresce rapidamente, potendo diffondersi anche al di fuori della prostata. Può succedere quindi che il tumore dia sintomi quando ha ormai sviluppato metastasi.

Le cause reali del carcinoma prostatico rimangono ancora sconosciute. È possibile però individuare alcuni potenziali fattori di rischio che aumentano la probabilità di ammalarsi, anche se non sono direttamente responsabili dell’insorgenza della patologia.

L’invecchiamento è il più importante fattore di rischio per il cancro della prostata: uomini con 50 anni o più sono associati a un rischio maggiore.

Anche la famigliarità può avere un certo peso: se i familiari più stretti (padre e fratello) hanno un tumore alla prostata il rischio per il soggetto è 2-3 volte superiore alla media.

Un ruolo chiave sembra svolgerlo però anche l’alimentazione: una dieta ricca di grassi, soprattutto saturi come fritti e insaccati e l’eccessivo consumo di carne rossa e latticini (quindi anche di calcio), aumenterebbero l’incidenza.

Tumore alla prostata, ruolo chiave grassi in eccesso

Tumore alla prostata grassi in eccesso

A confermare proprio questo aspetto arrivano i risultati di due ricerche, diffusi proprio in queste ore: il legame tra la dieta e il tumore della prostata  è quanto hanno dimostrato dai ricercatori della scuola di medicina di Harvard (Boston) in due studi, pubblicati rispettivamente sule riviste scientifiche «Nature Communications » e «Nature Genetics ».

Guidati dall’italo-americano Pier Paolo Pandolfi, gli scienziati hanno confermato – nei modelli animali – che il rischio di progressione del tumore alla prostata è strettamente collegato alla riduzione di due geni – Pten e Pml, la cui perdita si osserva in quasi sette diagnosi su dieci – che in condizioni normali inibiscono la crescita di un tumore. È la loro assenza ad alterare il metabolismo della cellula facendo aumentare la produzione dei grassi.

Durante lo studio, i ricercatori hanno fatto seguire ai topolini una dieta ricca di grassi saturi, molto similmente a quelli che si trovano nei cheeseburger e nelle patatine fritte. In seguito a questo regime alimentare si è evidenziata la comparsa di metastasi nei topolini colpiti da tumori indolenti. Questi ultimi sono quelli che generalmente non si propagano in tutto il corpo.

Le ricerche ci informano inoltre che questa forma di cancro è più frequente negli individui maschi. Nel nostro Paese si aggiungono annualmente 35mila nuovi casi in più rispetto all’anno precedente.

Lo studio è stato condotto su un totale di 1100 persone: il 34% di queste è affetto da obesità, mentre il 19 % soffre di problemi metabolici come ad esempio ipertensione, colesterolo, trigliceridi, glicemia alta.

Le statistiche affermano che, dopo una distanza di circa 4 anni dalla riuscita dell’operazione, la malattia si ripresentava nuovamente. Inoltre c’è da aggiungere che il 32,4% dei pazienti con ripresa del tumore erano coloro che si trovavano in uno stato di obesità, solo il 17% erano quelli che presentavano una massa corporea adeguata.

A tal proposito gli studi effettuati ci danno quindi indicazioni assai precise: il rischio di recidività è stato calcolato quattro volte in più nei pazienti con eccesso di grasso corporeo, causato da effetti di date patologie.

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