Tumore del pancreas, nuove speranze arrivano dalla molecola della cannabis

VEB

Il tumore del pancreas si manifesta quando alcune cellule che costituiscono l’organo si moltiplicano senza controllo.

Il pancreas è una ghiandola situata nell’addome, tra lo stomaco e la colonna vertebrale, di circa 15 centimetri di lunghezza, divisa in testa (destra), corpo (centrale) e coda (sinistra).

Il pancreas è un organo fondamentale per la nostra salute: tra le sue funzioni principali, troviamo la produzione di succo pancreatico, indispensabile per la digestione, e dell’ormone dell’insulina, che regola la quantità di zuccheri nel sangue. Quando non c’è sufficiente insulina, il rischio è che si sviluppi iperglicemia e diabete.

La testa del pancreas è la regione più colpita dalle forme tumorali. La porzione del pancreas che produce i succhi pancreatici è chiamata “pancreas esocrino”: da qui ha origine circa il 95% di tutti i tumori all’organo.

Come per molte altre tipologie tumorali, anche per il tumore del pancreas non è facile individuare una causa specifica: alla base della formazione del tumore ci sono sempre danni a livello del DNA cellulare, le cosiddette mutazioni genetiche, che possono essere sia ereditate alla nascita dalle cellule materne o paterne, sia svilupparsi nel corso della vita.

Il fumo di sigaretta, anche passivo, è il fattore di rischio in assoluto più associato alla probabilità di sviluppare un carcinoma pancreatico: i fumatori presentano un rischio di incidenza da doppio a triplo rispetto ai non fumatori. Patologie come pancreatite cronica, diabete mellito, oppure una pregressa gastrectomia rappresentano fattori di rischio.

Purtroppo, il tumore del pancreas è uno dei più subdoli, dando segni evidenti solo quando la malattia è già a uno stato avanzato. Nelle fasi precoci, i sintomi sono molto generici e difficilmente riconducibili a questa patologia, sia dal paziente che dal medico.

Quando possibile il trattamento si basa sulla resezione chirurgica del tumore, asportando la massa e sottoponendo poi il paziente a cicli di chemioterapia che permettono di aumentarne significativamente la sopravvivenza. In generale, però tale patologia rimane ancora una grande interrogativo della medicina, poiché a 5 anni la sopravvivenza stimata è solitamente del 25% circa

Ma a quanto pare una speranza per le cure future arriva dalla molecola di cannabis, che pare riesca a triplicare la sopravvivenza: questa la straordinaria scoperta di uno studio condotto dalla Queen Mary University di Londra e la Curtin University.

Lo studio è stato condotto sui topi, ma gli straordinari risultati lasciano ben sperare gli scienziati anche su un possibile buon risultato sugli uomini.

“Si tratta di un risultato degno di nota – afferma l’autore principale del lavoro, Marco Falasca dell’ateneo londinese -. Abbiamo visto che topi con cancro al pancreas sopravvivono quasi tre volte di più se una sostanza estratta dalla cannabis si aggiunge al loro trattamento chemioterapico (Gemcitabina)”.

Il cannabidiolo è già approvato per l’uso clinico, aggiunge l’esperto “e ciò significa che potremo rapidamente passare ai test clinici su pazienti. Se riusciremo a replicare gli stessi risultati sulle persone, il cannabidiolo potrebbe entrare in uso quasi immediatamente senza dover aspettare i tempi tecnici di approvazione di ogni nuovo farmaco da parte delle autorità regolatorie”.

Naturalmente la molecola in questione estratta dalla cannabis non è una sostanza psicoattiva e ciò significa che non ha effetti collaterali sulle persone.

Ricordiamo che già diversi studi hanno dimostrato le proprietà antidolorifiche, antinfiammatorie e antinausea dei cannabinoidi ed infatti il ministero della Salute ne autorizza come detto la prescrizione.

La sostanza attiva di origine vegetale Cannabis FM2è  prodotta, ad oggi, dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. La Cannabis FM2 è costituita da infiorescenze femminili non fecondate, essiccate e macinate contenenti precursori acidi del delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) corrispondenti ad una percentuale di THC compresa tra il 5 e l’8% e ad una percentuale di cannabidiolo (CBD) compresa tra il 7,5 e 12%.

Generalmente è prescritta per la nausea e il vomito causati da chemioterapia, radioterapia o dalle terapie per Hiv. E’ indicata anche come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da Aids e nell’anoressia nervosa. Tra le altre indicazioni, c’è l’effetto ipotensivo nel glaucoma e la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette.

In Italia l’uso della cannabis terapeutica è legalizzato dal 2013 e oggi sono 11 le Regioni italiane nelle quali la cannabis per uso medico è a carico del Servizio Sanitario Regionale.

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