Autismo, in Europa ne è affetto circa un bambino ogni 110

VEB

L’autismo, o meglio definito disturbi dello spettro autistico, è un disturbo del neurosviluppo che coinvolge principalmente tre aree: linguaggio e comunicazione, interazione sociale e interessi ristretti e stereotipati.

Ogni individuo affetto da autismo è unico e irripetibile  perché esistono infinite combinazioni di questa sindrome.

Purtroppo, ad oggi, non esistono dati certi e precisi sul numero di persone con autismo. Le ricerche condotte negli USA dal Center for Disease Control (CDC) stimano una prevalenza della sindrome per 1 caso su 150 nati, mentre il confronto delle ricerche internazionali stima una percentuale media dell’1%.

C’è un’escalation preoccupante delle diagnosi di autismo non solo in Italia ma anche all’estero. Assistiamo a una maggiore sensibilizzazione rispetto alle diagnosi con strumenti diagnostici più attendibili, ma negli Stati Uniti alcune ricerche affidabili parlano di numeri inquietanti”: ad affermarlo Enrico Nonnis, neuropsichiatra infantile e direttore dell’Unità Complessa di Salute mentale dell’età evolutiva della Asl Roma 3.

Il tema e i numeri sono stati affrontati al convegno ‘Risorse e vulnerabilità del soggetto autistico’, un evento organizzato dall’Università ‘La Sapienza’, dall’Osservatorio Oisma e dall’Istituto di Ortofonologia (IdO), svolto a Roma nell’aula Cesare Gerin del dipartimento di Medicina sociale de l’Università ‘La Sapienza’ (Piazza Aldo Moro 5).

I dati preliminari arrivano dalla Toscana– fa sapere Nonnis- e si attestano su 1 minore con disturbi dello spettro autistico su 110 bambini dai 7 ai 9 anni. Nei maschi, inoltre, l’incremento è maggiore perché l’incidenza è di 4 ad 1 rispetto al genere femminile”.

Un trend aumentato vertiginosamente negli ultimi 40 anni, “passando da un soggetto autistico ogni 5 mila persone negli anni ’70 ad uno ogni 110 oggi”.

I numeri sono frutto del primo studio pilota di prevalenza dell’autismo in ambito europeo, la ricerca ASDEU (Autism Spectrum Disorder in European Union), che ha visto partecipare l’IRCCS Stella Maris di Pisa. A questo si aggiunge lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità condotto al Nord, al Centro e al Sud Italia.

Si parla di sindrome proprio perché i bambini autistici sono tutti diversi. Lo testimonia l’introduzione di una visione dimensionale del disturbo negli ultimi sistemi di classificazione, che permette di evidenziare una serie di situazioni molto diversificate fra loro come eziopatogenesi”, aggiunge Nonnis alla Dire.

Per fortuna la diagnosi è sempre più precoce. “Prima veniva effettuata a 3-5 anni– ricorda il neuropsichiatra infantile- adesso si riesce a farla in maniera attendibile dai 18 mesi di vita. Bisogna, in ogni caso, stare attenti ad avere una visione clinica accurata e a prendersi il tempo necessario per la valutazione ed il monitoraggio”.

E, proprio sul fronte diagnosi precoce ma anche di terapie mirate, arrivano proprio in queste ore i risultati di uno studio d’eccellenza tutto italiano, in cui gli studiosi sono riusciti a comprendere da dove nascono i sintomi  più diffusi.

Nello specifico, nella forma di autismo più diffusa, una parte del cervello – la corteccia prefrontale – si ‘isola’ dalle altre e non riesce più a comunicare in modo corretto, scatenando i sintomi tipici della condizione come lo scarso interesse alle relazioni sociali e i problemi di comunicazione: adimostrarlo un copioso team di ricerca guidato da studiosi italiani dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) e dell’Università di Pisa. Hanno collaborato al progetto anche l’Università di Torino, l’Università di Verona, il Laboratorio europeo di biologia molecolare di Monterotondo, il CNR di Catanzaro e il S. Anna Institute and Research in Advanced Neuro-Rehabilitation di Crotone.

Gli scienziati coinvolti sono stati coordinati dal dottor Alessandro Gozzi e dal professor Massimo Pasqualetti.

Siamo riusciti ad esaminare le connessioni neuronali a livello neuroanatomico fine, cioè con un dettaglio estremo, scoprendo, attraverso lo studio sui modelli animali, quali siano le anomalie strutturali potenzialmente all’origine dei difetti di connettività cerebrale riconducibili allo specifico disturbo dello spettro autistico riscontrato nei bambini portatori della delezione 16p11.2”, ha dichiarato il professor Pasqualetti.

Questo studio – gli ha fatto eco il dottor Gozzi – rappresenta un’importante dimostrazione di come specifiche alterazioni del DNA possano compromettere le connessioni cerebrali e la regolare funzione del cervello, causando una delle forme più diffuse di autismo”.

Conoscere le basi genetiche che determinano l’isolamento della corteccia prefrontale dal resto del cervello – in particolar modo dalle regioni parietali temporali – può aiutare gli scienziati a comprendere meglio quante e quali forme di autismo esistono, e di conseguenza a sviluppare le migliori terapie mirate per il trattamento della condizione.

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