Da google i pazienti effettuano le autodiagnosi

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Il web è diventato ormai parte integrante della nostra vita, dai sistemi fissi agli smartphone, per ogni informazione ci rifacciamo alla rete, spesso, e soprattutto, per quel che riguarda i sintomi di un malore ed in questo senso a diventare virale è stata una foto che riporta un cartello di un medico, in tono scherzoso ma amaramente vero, che bacchetta proprio i pazienti e la “mania” di cercare in rete risposte sul proprio stato di salute.

«Coloro che si sono già diagnosticati da soli tramite Google, ma desiderano un secondo parere, per cortesia controllino su Yahoo.com»: così scrive un medico dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, che ha affisso alla parete accanto al suo studio questo cartello che denuncia la piaga dell’auto-diagnosi.

Sempre più italiani, al primo accenno di mal di testa o di qualsiasi altro sintomo, si rivolgono al noto motore di ricerca Google per cercare da soli a quale malattie appartengono tali sintomi. L’autodiagnosi però non solo causa l’ipocondria o ne accentua i sintomi in certi soggetti, ma fa arrabbiare anche i medici che sempre più spesso si imbattono in persone che arrivano nell’ambulatorio già con la certezza di avere la diagnosi.

Autodiagnosi, nel terzo millennio le diagnosi sono fatte su Google

Autodiagnosi nel terzo millennio le diagnosi sono fatte su Google

Google non è un medico ma solo un motore di ricerca che ci permette – in parte – di orientarci fra i vari siti di informazione. Per aiutarci nella scelta, tuttavia, non è sempre in grado di indicarci i siti web che dimostrano una vera competenza. In realtà lo fa secondo la fama di un quotidiano o una rivista on line.

I medici sono stufi: «Lo confermo» spiega Enzo Lucchini, presidente dell’Istituto dei tumori di Milano al Corriere della Sera. «Il problema esiste ed è grave, anche se devo chiarire che l’iniziativa è stata presa a titolo personale, senza chiedere alcun permesso, e che dopo la pubblicazione sul sito il foglio è stato evidentemente rimosso dall’interessato, visto che non l’abbiamo trovato».

«L’iniziativa, anche se dissacrante, di sicuro non voleva in nessun modo colpevolizzare i malati, ma aiutarli» precisa il presidente dell’Int. «Oggi l’88 per cento delle persone va a cercare informazioni per la propria salute sui siti Internet e quasi la metà si affida alla prima pagina dei motori di ricerca. Ma una autodiagnosi, specie nel caso di malattie come quelle che curiamo qui, è pericolosa». Anche se è giusta? «Può accadere che sia giusta, ma può capitare anche che il responso del web sia falsamente rassicurante e ritardi quindi l’inizio di cure necessarie, oppure che sia ansiogeno senza motivo e comporti un intasamento inutile dell’ospedale».

E il fenomeno è in continua espansione. Secondo uno studio di Demoskopea e Dottori.it, il 49% della popolazione ammette di utilizzare spesso internet come vero e proprio oracolo della salute: il 39% degli specialisti intervistati ha trovato i pazienti più allarmati in virtù delle informazioni reperite online, il 38% più incline all’autodiagnosi (“Buongiorno dottore, temo di avere questo o quest’altro”), il 34% più influenzabile dai racconti trovati in rete e pubblicati da altri individui con i propri sintomi (“Sa, ho letto che è deceduto poco tempo dopo“), il 22% più incline a cercare da solo una cura per i suoi problemi o quelli dei parenti, il 13% meno fiducioso del parere del medico e il 12% più ipocondriaco.

Certo non bisogna demonizzare Google e chi cerca in rete, magari in buona fede e per avere un primo “responso” alle proprie paure: i siti web di informazione devono però avere il solo scopo di indirizzare le persone verso nuove conoscenze, nuove scoperte e possibili terapie, ma la scelta ultima deve sempre essere fatta dal proprio medico curante.

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