Dislessia, il cervello elabora anche il linguaggio in maniera differente

VEB

La dislessia è una patologia attorno a cui ruotano ancora diversi pregiudizi e molta, troppa disinformazione: in primis un bambino affetto da dislessia non è più stupido o pigro dei coetanei, ma è la sua patologia ad ostacolare la capacità di lettura ed è legata alla difficoltà di individuare le lettere, le sillabe e le parole, anche in assenza di deficit intellettivi o sensoriali.

Il prossimo lunedì, 5 ottobre, si terrà la Settimana Europea della Dislessia, iniziativa pensata per aumentare la consapevolezza su questo disturbo specifico dell’apprendimento attraverso incontri ed eventi volti a dissipare la confusione che ancora riguarda questo problema.

Un recente studio, condotto su questa patologia ed elaborato dall’Università di Milano Bicocca in collaborazione con l’Irccs Eugenio Medea, ha portato i ricercatori ad accertare come la dislessia ostacola anche la comprensione del linguaggio orale ma come, allo stesso tempo, il cervello trova sempre la soluzione.

Lo studio ha coinvolto 48 bambini tra gli 8 e i 12 anni: 16 con una diagnosi di sola dislessia evolutiva, 16 affetti sia da dislessia sia da disturbo del linguaggio e 16 senza problemi di dislessia o di linguaggio. Attraverso la tecnica non invasiva dei potenziali evento-correlati, per la prima volta in Italia, sono state studiate le risposte elettriche celebrali durante l’ascolto di frasi che in alcuni casi contenevano errori di accordo soggetto-verbo.

Si è così potuto osservare come sono state riscontrate nei partecipanti con dislessia risposte elettriche cerebrali anomale che evidenziano l’utilizzo di strategie cognitive qualitativamente differenti per comprendere il linguaggio orale. Come se il cervello utilizzasse un piano B per comprendere meglio i discorsi e le parole.

“Da queste evidenze- ha detto Massimo Molteni, responsabile area di ricerca di Psicopatologia dello sviluppo del Medea – deve prendere sempre più slancio un percorso scolastico che sappia davvero tenere conto delle differenze di funzionamento dei bambini, affinché’ ogni neuro tipicità’ sia valorizzata partendo dalle proprie originali modalità di funzionamento”.

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