In Italia cresce il problema Obesità infantile

VEB

Una vera e proprio malattia legata all’eccesso di tessuto adiposo con conseguente aumento di peso e delle problematiche che ne derivano soprattutto nello svolgimento delle normali attività quotidiane che fanno parte della nostra vita, un problema che deve essere valutato sin dalla tenera età, l’Italia, purtroppo, entra di diritto nella lista di quelle nazioni nelle quali l’obesità infantile comincia a diventare una vera e propria piaga.

A livello internazionale, per individuare questa malattia in pazienti adulti viene utilizzato l’indice di massa corporea (imc).

La definizione di sovrappeso e di obesità infantile è però più complessa rispetto all’adulto, il cui peso ideale è calcolato in base al BMI (Body Mass Index o Indice di Massa Corporea), che è uguale al peso in Kg diviso l’altezza in metri elevata al quadrato.

Il BMI non può infatti essere una misura sensibile dell’obesità in persone molto alte e basse, ed in persone che hanno insolite composizioni di massa magra e massa grassa. In base a questo, la WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità), per definire sovrappeso ed obeso un bambino, utilizza i “punti” di BMI realizzati da uno studio di Cole nel 2000 e sviluppati usando diversi dati mondiali. Per questo, essi rappresentano una referenza internazionale che può essere usata per comparare le diverse popolazioni mondiali.

Il Ministero della Sanità Italiano definisce obeso un bambino il cui peso supera del 20% quello ideale, e in sovrappeso se lo supera del 10-20%; in alternativa, lo definisce tale quando il suo BMI è maggiore del previsto.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha più volte lanciato l’allarme parlando di circa 41 milioni di bambini colpiti, ma sebbene le cause e i possibili rimedi siano ormai noti, l’obesità infantile è una piaga che non si riesce ad arginare.

L’obesità infantile ha una genesi multifattoriale; come tale, è il risultato di diverse cause, più o meno evidenti, che interagiscono tra loro. In primo luogo, è dovuta ad un’eccessiva e cattiva alimentazione, legata o meno ad una ridotta attività fisica ed a fattori di tipo genetico – familiare.

Obesità infantile, una piaga anche italiana

Obesita infantile una piaga anche italiana

L’esercizio fisico è di fondamentale importanza per il bambino che cresce, in quanto, oltre a farlo dimagrire, lo rende più attivo, contribuendo a ridistribuire le proporzioni tra massa magra (tessuto muscolare) e massa grassa (tessuto adiposo).

In Italia, secondo i dati raccolti nel 2016 dal sistema di sorveglianza “Okkio alla salute”, promosso dal Ministero della Salute e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, la Campania è una delle regioni con il più alto tasso di obesità infantile (quattro bambini su dieci), una situazione allarmante viste le gravissime conseguenze sullo sviluppo e sulle qualità della vita. Sempre secondo i dati, il 35% dei ragazzi campani conduce una vita sedentaria e nonostante tale situazione non ci risultano, rispetto a quanto accade in altre regioni, iniziative da parte della Giunta De Luca.

Il consigliere regionale  del Movimento Cinque Stelle, Luigi Cirillo, per cercare di arginare il fenomeno ha depositato addirittura un’interrogazione: “Abbiamo depositato un’interrogazione per chiedere conto delle azioni di prevenzione e contrasto all’obesità infantile messe in campo dalla Giunta regionale“, conclude Cirillo, ” in particolare se sono stati predisposti adeguati programmi di educazione alimentare e quali interventi si intende adottare in futuro“.

Intanto, la lotta all’obesità infantile continua anche in Gran Bretagna, con un’iniziativa del sindaco della capitale, Sadiq Khan, che, stando a quanto riportato dall’Evening Standard, ha annunciato di voler istituire un divieto a livello cittadino per tutti i ristoranti fast food che hanno intenzione di aprire una nuova sede entro 400 metri dal territorio scolastico.

Con oltre il 40% di bambini in sovrappeso, Londra detiene attualmente il primato nazionale di obesità infantile, una problematica da risolvere al più presto, definita da Khan come una “bomba a orologeria”.

Un progetto studiato con intelligenza e sensibilità, che però ha già incontrato l’ostilità di tutte le catene di ristorazione veloce. Secondo una mappa realizzata dall’analista Dan Cookson, infatti, se la regola venisse applicata sul territorio londinese resterebbero pochissimi spazi adatti ai fast food (attualmente circa 8mila nel perimetro urbano), lontano dalle scuole.

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