Addio Rosetta, la sonda atterra sulla cometa: la sua missione si è conclusa con successo.
7 miliardi di chilometri nel buio quasi totale, nel freddo cosmico, in cerca di qualcosa di importante.
Il sogno degli antichi, la fantasia di un quadro, di un disegno immaginifico: cavalcare una cometa, arrivare su di essa.
Rosetta c’è riuscita. Caparbia, tenace, ha vinto il freddo cosmico, ha depositato il lander Philae sulla Churyumov-Gerasimenko.
Poi, con diligenza, ha aspettato che il lander cominciasse a mandare dati sulla composizione della cometa, sulla sua morfologia.
Ma lassù, di lontano, a 7 miliardi di chilometri, la luce del sole quasi non arriva, e i pannelli solari stentano a caricare le batterie della vita.
Perciò bisogna affrettarsi a mandare più informazioni possibili. Così è stato.
Sulla Terra sono arrivati migliaia di dati che saranno utili per la comprensione dell’inizio del Sistema Solare, di come si è formato, e forse qualche dato importante in più sull’origine dell’universo.
Poi il comando: Rosetta deve atterrare il più dolcemente possibile su quella superficie accidentata, butterata, peggio di una strada di Roma.
Così è stato possibile registrate le ultime, straordinarie immagini di quella specie di patata tanto brutta da essere meravigliosa.
In questo modo anche l’uomo, indirettamente, è arrivato lassù. Così ora quel pezzo di ferro così fantasticamente vivo, sarà un corpo unico con il pezzo di roccia.
E con esso vagherà a motori spenti nello spazio, avendo finito il suo compito. Ma chissà, nella sua orbita ciclica intorno al sole, ripasserà forse da questa parti. Ciao, Rosetta.
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