Ci sono dei fili che tengono insieme l’universo

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Una recente scoperta astronomica ha svelato una trama intricata di filamenti che tessono insieme l’immensità dell’universo, come rivelato in uno studio pubblicato su Nature Astronomy. Per anni, questa imponente struttura è rimasta celata al nostro sguardo, ma ora nuove rivelazioni stanno gettando luce su questo affascinante enigma cosmico.

Ci sono dei fili che tengono insieme universo
Foto@Pixabay

Negli abissi oscuri dello spazio intergalattico, dove il buio sembra essere infinito, gli astronomi hanno captato un tenue luminescenza emanata da questi filamenti che si snodano per miliardi di anni luce attraverso il vasto vuoto cosmico. Fino a poco tempo fa, queste strutture erano rivelabili solo in prossimità di oggetti celesti luminosi come i quasar, ma ora si manifestano anche nelle regioni più tenebrose della nostra galassia.

L’astrofisico Christopher Martin del California Institute of Technology illustra il progresso dicendo: “Prima vedevamo questi filamenti filiformi solo quando erano illuminati da altre sorgenti di luce. Ora possiamo osservarli senza bisogno di tale illuminazione.

Questi filamenti, composti di materia oscura, si estendono per vasti tratti dell’universo, formando collegamenti tra galassie, ammassi e altre entità cosmiche. Gli scienziati ipotizzano che lungo questi filamenti scorra idrogeno, che fornirebbe alle galassie risorse fresche per la generazione di nuove stelle.

Il tenue splendore dell’idrogeno freddo e disperso rappresentava una sfida notevole per la rilevazione, specialmente con la presenza di oggetti luminosi nello spazio. Tuttavia, questa scoperta apre nuove frontiere per l’astronomia e la cosmologia, potenzialmente offrendo intuizioni sulla misteriosa materia oscura e sull’espansione dell’Universo.

Martin spiega, “La rete cosmica disegna l’architettura del nostro universo. È il rifugio della maggior parte della materia ordinaria nella nostra galassia e ci aiuta a mappare la distribuzione della materia oscura.

Per individuare questi filamenti sottili, gli astrofisici hanno adoperato uno strumento avanzato chiamato Keck Cosmic Web Imager (KCWI), capace di rilevare la luminescenza dell’idrogeno tra una miriade di dati di fondo.

Attraverso analisi approfondite e l’esplorazione delle regioni celesti dove i filamenti sono stati rivelati, gli scienziati hanno utilizzato l’effetto redshift per formulare una mappa tridimensionale della luminescenza dell’idrogeno a distanze di 10-12 miliardi di anni luce, riportandoci ad un’era in cui l’Universo era nelle sue fasi embrionali post Big Bang. Questa scoperta permette una comprensione più approfondita dell’evoluzione e dello sviluppo del nostro universo, e dei processi che hanno guidato la formazione delle prime stelle e buchi neri.

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