Gastroscopia e colonscopia addio: chip con batteri intelligenti

VEB

La gastroscopia e la colonscopia sono test preziosi, ma spaventano: fino a ieri erano infatti anche dolorosi ed, anche se la scienza ha fatto passi da gigante, è indubbio provare ansia e paura dinanzi alla prospettiva di un corpo estraneo che deve entrare nel proprio addome.

Colonscopia e gastroscopia sono due esami endoscopici utili nella prevenzione di diversi disturbi a livello gastroenterico ed intestinale.

La colonscopia consente di esplorare le pareti interne del colon e dell’ultima ansa ileale, mediante l’introduzione per via anale di una sonda, chiamata colonscopio. L’indagine endoscopica viene generalmente eseguita in sedazione a respiro spontaneo e con l’utilizzo di CO2. È rivolto a chiunque manifesti disturbi intestinali che non abbiano una diagnosi chiara.

La colonscopia viene raccomandata a tutti a partire dai 50 anni di età come procedura di screening dei tumori colon-rettali. È bene ripetere l’esame ogni 5 anni. In caso di familiarità per il tumore è consigliabile effettuare la prima colonscopia già a 40 anni.

La gastroscopia permette invece di osservare la mucosa interna di esofago, stomaco e duodeno, mediante il gastroscopio, uno strumento flessibile. Difatti, l’indagine endoscopica è in grado di mostrare in tempo reale le immagini relative al tratto superiore dell’apparato digerente.

L’esame è rivolto a chiunque soffra di disturbi o dolori allo stomaco, quali acidità o reflusso. Inoltre, risulta utile anche nei soggetti che mostrano difficoltà nella deglutizione o che abbiano semplicemente una cattiva digestione.

La gastroscopia rappresenta anch’essa uno strumento di prevenzione e cura che consente di effettuare la diagnosi precoce, nonché la valutazione dettagliata di patologie gastroenteriche.

La colonscopia detiene il “primato della paura”: nel 20 per cento dei casi l’esame deve essere interrotto per problemi del paziente.

A fare soffrire di più è l’aria introdotta nell’intestino per permetterne l’osservazione. Da aggiungere i disagi della preparazione: più spiacevoli per la colonscopia (occorre bere tre, quattro litri di un purgante salino) minimi per la gastroscopia (il digiuno).

Quest’ultima, che di solito provoca nausea e un senso iniziale di soffocamento, in genere è tollerata meglio. Forse perché l’effetto nausea è breve e più conosciuto, e perché un po’ tutti in fondo abbiamo provato da bambini che cosa significa l’ispezione della gola col cucchiaio.

La scienza per, come in tutti i campi del resto, sta facendo passi da gigante ed oggi ormai questi due esami non solo non sono più dolorosi, ma sono anche il meno invasivi possibili.

Addirittura molto presto potrebbero andare in pensione perché alcuni scienziati del MIT sono riusciti a dare vita a un prodotto completamente diverso, non invasivo, ma altrettanto affidabile. Si si tratta di una specie di capsula che potrebbe sostituire per sempre i vecchi metodi diagnostici.

L’idea è quella di inghiottire dei sensori proprio come fossero una semplice pillola. Ma, a differenza dei chip comunemente usati, questi sono dotati di batteri geneticamente modificati che sono in grado di rilevare varie anomalie intestinali.

Per produrre il chip, gli scienziati hanno prodotto degli appositi sensori partendo da cellule viventi grazie a un’elettronica a bassissima potenza in grado di convertire la risposta batterica in un segnale senza fili facilmente leggibile per mezzo di un semplice smartphone.

«Combinando sensori biologici ingegnerizzati con l’elettronica wireless a bassa potenza, siamo in grado di rilevare i segnali biologici nel corpo, quasi in tempo reale, aprendo la strada a nuove capacità diagnostiche», spiega Timothy Lu, associato di ingegneria elettronica presso il Mit.

Nei test finora condotti sugli animali il ‘batterio su chip’ è stato sperimentato per osservare la sua reazione alla molecola del sangue chiamata eme, dimostrando di poter rilevare le molecole spia di un’emorragia nello stomaco. Dopo averle identificate, si è illuminato e il suo segnale luminoso è stato trasformato in corrente elettrica, inviata poi attraverso un trasmettitore a un cellulare.

Secondo i ricercatori il batterio-sensore può essere programmato per captare diverse molecole spia di infiammazioni e può essere realizzato in un formato abbastanza piccolo da poter essere ingerito nello stomaco umano per diagnosticare molte malattie gastrointestinali. Può essere progettato per essere usato una volta sola o rimanere alcuni giorni o settimane nel tratto digestivo, e per trasportare più ceppi di batteri modificati in modo da diagnosticare diverse malattie.

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