Glifosato, erbicida gravemente dannoso per la salute?

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Il nome, ai più, non dirà nulla, ma in effetti è un composto potenzialmente molto pericoloso ed un recentissimo studio arriva a sottolinearne proprio i rischi per la nostra salute.

Il glifosato è l’erbicida più usato nel mondo.

È un diserbante non selettivo, vale a dire una molecola che elimina indistintamente tutte le erbe infestanti. È stato introdotto sul mercato nel 1974, ed è oggi l’erbicida più utilizzato al mondo: dalla sua introduzione ne sono state spruzzate sui campi quasi 9 milioni e mezzo di tonnellate.

La molecola è stata sintetizzata negli anni Cinquanta, nei laboratori della Cilag, e una ventina di anni dopo nei laboratori della Monsanto è stata scoperta la sua azione come erbicida ad ampio spettro. L’industria lo brevetta e lo commercializza con il nome di Roundup. La sua diffusione avviene soprattutto a partire dagli anni Novanta, quando la Monsanto inizia a introdurre sul mercato le prime colture geneticamente modificate resistenti al glifosato, per esempio la soia.

Dal 2001 il brevetto è scaduto, e il glifosato viene utilizzato da molte aziende nella formulazione di diserbanti utilizzati non solo in agricoltura, ma anche nei prodotti per il giardinaggio e soprattutto per la manutenzione del verde.

Nel 2015, lo IARC, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che fa parte dall’Oms, lo ha inserito nella lista delle sostanze “probabilmente cancerogene” (gruppo 2A). L’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha espresso un giudizio più rassicurante, ma le sue valutazioni sembrano essere state copiate da quelle dei produttori del glifosato.

Come tutti gli erbicidi e i pesticidi, anche il glifosato è da tempo sotto osservazione. Finora, nonostante qualche studio contrario, era stato ritenuto relativamente innocuo.

Ma proprio in queste ore arriva un nuovo studio a mescolare le carte in tavola: il glifosato sarebbe dannoso per la salute anche nelle dosi considerate “sicure”: è la conclusione a cui sono giunti gli scienziati dell’Istituto Ramazzini conducendo uno studio globale sull’erbicida.

Nella fase pilota gli effetti del glifosato sono stati indagati su ratti esposti ad una concentrazione di erbicidi a base di glifosato (GBHs) equivalente alla dose giornaliera considerata accettabile nella dieta. E i risultati hanno mostrato che queste sostanze sono capaci di alterare alcuni importanti parametri biologici, con particolare riguardo allo sviluppo sessuale, alla genotossicità e al microbioma intestinale.

In particolare, i risultati hanno mostrano un alterazione di alcuni parametri dello sviluppo sessuale nei ratti trattati con GBHs, specialmente nelle femmine. Inoltre, i ratti trattati con GBHs hanno mostrato delle alterazioni statisticamente significative del microbioma intestinale, in particolare durante lo sviluppo. Per quanto riguarda la genotossicità, è stato osservato un aumento statisticamente significativo di micronuclei nelle cellule del midollo osseo nei ratti trattati con GBHs, in particolare nelle prime fasi della vita.

Sebbene si tratti di uno studio pilota, i cui risultati andranno confermati in analisi a lungo termine, la ricerca del Ramazzini ha riattizzato il dibattito sul discusso rinnovo di cinque anni all’utilizzo del glifosato concesso a fine novembre dalla Commissione dell’Unione Europea.

Raggiunto dal quotidiano britannico, il vice presidente della Monsanto con delega alla strategia globale Scott Partridge ha dichiarato che “l’Istituto Ramazzini è un’organizzazione di attivisti con dei secondi fini non dichiarati nella campagna di crowdfunding. Sostengono la messa al bando del glifosato e più volte nel passato hanno rilasciato affermazioni non supportate dalle agenzie di regolamentazione. Non si tratta di vera ricerca scientifica”.

Partridge ha inoltre aggiunto che “Tutte le ricerche finora condotte hanno dimostrato che non esiste alcun legame tra glifosato e cancro”.

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