Per estrarre un Bitcoin si consuma l’acqua di una piscina

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Conforme a una recente indagine, l’attività di estrazione di Bitcoin, un processo che sta attirando l’attenzione degli investitori e degli sviluppatori nell’ambito delle criptovalute, implica un notevole consumo di risorse idriche.

Per estrarre un Bitcoin si consuma acqua di una piscina
Foto@Pixabay

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Cell Reports Sustainability, il processo di estrazione dei Bitcoin comporta l’impiego di oltre 1.600 gigalitri di acqua ogni anno, una quantità che sarebbe sufficiente a riempire ben 640.000 piscine olimpioniche. L’autore dello studio, Alex de Vries, ha evidenziato che questa situazione costituisce una seria minaccia per le regioni già afflitte da problemi di scarsità d’acqua, come l’Asia centrale e gli Stati Uniti.

L’estrazione dei Bitcoin richiede una quantità massiccia di energia e potenza di calcolo, che ammonta a circa 350 quintilioni di operazioni al secondo. Questo processo implica la necessità di raffreddare i computer, il che comporta l’utilizzo di ingenti quantità di acqua, sia direttamente che indirettamente attraverso il raffreddamento nelle centrali elettriche.

Alex de Vries mette in guardia contro il fatto che questa non è soltanto una questione di elevato consumo energetico, ma ha anche impatti significativi sulla disponibilità di acqua potabile, sull’agricoltura e sugli ecosistemi. Ha calcolato che una singola transazione Bitcoin richiede in media 16.000 litri di acqua, cioè 6,2 milioni di volte di più rispetto a una transazione tipica con carta di credito.

Gli Stati Uniti e la Cina sono i principali paesi minerari di Bitcoin al mondo. Anche se l’attività di estrazione è stata vietata in Cina a causa dei suoi impatti ambientali, il problema del consumo d’acqua rimane una preoccupazione significativa.

Nell’Asia centrale, dove le risorse idriche sono già limitate, l’attività di estrazione dei Bitcoin sta diventando una grave minaccia per le riserve idriche. Ad esempio, il Kazakistan, un importante centro di estrazione, ha già utilizzato quasi 1.000 gigalitri d’acqua per le transazioni Bitcoin nel 2021, aggravando ulteriormente la situazione idrica.

De Vries ha proposto diverse possibili soluzioni per affrontare questa problematica, tra cui la modifica del software per ridurre i consumi energetici e l’adozione di fonti di energia alternative come l’energia eolica e solare. Tuttavia, ha sottolineato che tali soluzioni potrebbero deviare risorse energetiche rinnovabili limitate da altri settori e dall’economia.

Il mining di Bitcoin rimane una sfida complessa da affrontare. De Vries ha evidenziato la necessità di trovare un equilibrio tra l’innovazione nelle criptovalute e la sostenibilità dell’ambiente. Senza interventi adeguati, le risorse informatiche impiegate nell’estrazione potrebbero essere utilizzate per scopi più preziosi e utili, come la ricerca nell’intelligenza artificiale.

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